Centranthus ruber

È impossibile ignorare la valeriana rossa (Centranthus ruber (L.) DC) al Sentiero di Gandria. In primavera e d’estate le sue infiorescenze dense di fiorellini rosa scuro accompagnano il viandante lungo tutto il percorso, perché cresce ovunque nelle fessure dei muri e delle rocce.

La roverella

Per molte culture europee la quercia era l’albero più sacro. I greci lo associavano a Zeus, i celti lo accomunavano alla verità e alla saggezza, i romani alla virtù e al coraggio. Per i germani era simbolo di pace, giustizia e resistenza e per gli slavi era l’albero di Perun, principale divinità del pantheon, e tutto quello che accadeva sotto la sua ombra accadeva sotto il dominio degli dei. Per tutte le culture, infine, la quercia simboleggia forza e eternità, l’anniversario di 80 anni di matrimonio, infatti, è chiamato “nozze di quercia”. Al Sentiero di Gandria abbonda la quercia pubescente, comunemente chiamata anche roverella (Quercus pubescens Willd.).

L’albero della nebbia

I popolamenti svizzeri di Cotinus coggygria Scop. si situano al limite nord occidentale dell’areale di distribuzione spontanea della specie. Da qui si estende, lungo i pendii rocciosi soleggiati e asciutti, fino in Cina. Arbusto avvincente e misterioso, pianta medicinale e ornamentale, possiede nomi volgari che rispecchiano a giusta ragione il suo fascino: albero della nebbia, albero della parrucca, sommacco selvatico, fistello, scotano o cotino.

Helianthemum nummularium

Dalla primavera fino in autunno inoltrato, il Sentiero di Gandria è costellato da numerosi fiorellini giallo oro dai petali stranamente stropicciati. È l’eliantemo maggiore (Helianthemum nummularium (L.) Miller), un cespuglio nano della famiglia del cisto, le Cistaceae. Se per i botanici sistematici è un grattacapo a causa delle numerose sottospecie descritte, per gli ungulati è una panacea: ne brucano in gran quantità per liberarsi dai parassiti.

Erigeron karvinskianus

Correva l’anno 1836 quando uno dei più importanti botanici dell’ottocento e forse il più influente botanico svizzero di tutti i tempi, il ginevrino Augustin-Pyrame de Candolle, diede a questa pianta, dall’aspetto di una margheritina, un nome inconsueto. La dedicò al suo collega Wilhelm Friedrich Freiherr von Karwinsky von Karwin, botanico ungaro-tedesco che l’aveva raccolta qualche anno prima durante il suo soggiorno in Messico. De Candolle fu anche pioniere di quella branca della botanica che si occupa del ruolo dell’uomo nell’introduzione e nella diffusione delle piante alloctone, disciplina sfociata poi, a oltre un secolo dalla sua morte, nell’attualissima biologia delle invasioni. Il fiuto non ingannò De Candolle: pochi decenni dopo la scoperta della pianta in Messico, questa era già diventata una malerba invasiva in alcuni luoghi d’Europa.

Il ciclamino

A fine estate, camminando nel bosco, è facile incontrare il ciclamino (Cyclamen purpurascens Mill.): la sua tipica corolla purpurea riflessa all’insù lo rende facilmente riconoscibile. Meno noto è il fatto che i suoi frutti maturino sotto terra, come quelli degli arachidi, e che la pianta possieda un tubero velenosissimo, le cui tossine, anche se presenti in concentrazioni minime, sono in grado di stordire i pesci. Non meno sorprendente, infine, è che faccia parte della stessa famiglia delle primule, le Primulacee.

Clematis recta

Con oltre 300 specie, Clematis è uno dei generi dei più importanti della famiglia delle Ranunculaceae, divenuto celebre in Europa sin dall’Ottocento per le sue numerose e splendide varietà ornamentali, per lo più di origine cinese e giapponese. 

Euforbia cipressina

Al sopraggiungere dei primi caldi di inizio primavera, quando ricominciamo con le passeggiate in natura, l’euforbia cipressina (Euphorbia cyparissias L.) è un’accompagnatrice quasi costante, dalle pianure fino in altitudine. La sua presenza assai frequente nei prati magri, nei pascoli e sui bordi dei sentieri, le sue foglie lineari, quasi aghiformi, e l’apparire peculiare delle sue infiorescenze giallo-verdi ne fanno una specie facilmente riconoscibile a colpo d’occhio.

Saponaria ocymoides

I densi cuscinetti della Saponaria ocymoides L. sono inconfondibili quando, a primavera, l’esplosione dei suoi fiori rosa intenso invade le rocce. Più tardi nella stagione, passa per lo più inosservata a meno che, tra le sue piccole foglie ovali, non spunti qualche mazzetto di fiorellini tardivi. Prende il nome dal sapone a causa dell’alto contenuto di sostanze, le saponine, che producono schiuma se agitate in acqua e che possiedono un’attività detergente.